Recensione di Piero Fabris a “ControCorrente. Tra Storia e Stile”




 di Piero Fabris 

 ControCorrente. Tra Storia e Stile (Messaggi Edizioni, 2018, testo con immagini fotografiche a tema ideate e realizzate da Maria Campanelli con l’aiuto di Pietro Defrenza, pp. 62, euro 10,00) è il titolo di un lavoro per il teatro di Lorena Liberatore, ispirato alla vita di Coco Chanel. 

 Uno spettacolo fluido che è invito a guardare verso l’alto, anzi lontano, in un futuro ignoto, senza lasciarsi prendere dallo sgomento; un invito a immedesimarsi nella piccola Gabrielle Bonheur Chanel, ovvero Coco Chanel che contemplando il cielo ombroso sa riconosce nelle stelle il sentiero del suo destino, la costellazione dello zodiaco: di realizzazione contro ogni apparenza di brutta fine già enunciata. 

 Tutto il lavoro è un inno alla forza, un invito a mettere a fuoco i propri sogni senza lasciarsi spaventare dal buio o dalle chiusure mentali di troppi esseri saccenti, che guardano dall’alto della loro esperienza e vogliono insegnare ciò che è giusto e sbagliato, incapaci di mettere a fuoco un tempo, il presente che è invece cambiato. E così Lea, che sta scrivendo una tesi sulla vita della stilista (piuttosto che sul suo stile innovativo, capace di ridare sobrietà alla donna senza rinunciare alla raffinatezza) si trova prigioniera in un “caffè concerto”, in quanto la sua collega Cathrin, credendola ormai fuori dal locale, spegne le luci e la lascia dentro, al buio. 

 La studentessa trasforma quell’incidente in un grembo d’immaginazione, in un’occasione per mettere ordine nel suo lavoro. Lea tornando ai tavolini, sui quali sono sparsi libri, fogli di appunti e cd, può ricomporre i propri pensieri divenendo spettatrice tra spettatori, ed evocatrice del passato di una donna da comprendere tra i modelli di abiti in un atelier di moda, dove la verità sulla sua vita vera e l’immaginazione si confondono con creatività nelle trame del passato, in un gioco divertente tra il troppo e il poco, il superfluo e il necessario, nascosto tra le note di una fisarmonica malinconica e una cantante. 

 È un viaggio nella vita, non nella naftalina, una spoletta di riflessioni sul modo di essere e apparire, sul vestito come specchio di personalità. Coco Chanel è il simbolo di coraggio e indipendenza, la Donna che ha saputo trovare nella scuola dell’esistere il bandolo per tessere l’abito nuovo a un mondo che sbuffa e desidera inconsciamente un abbigliamento originale che risponda ai bisogni di dinamicità, ed eleganza. Lorena Liberatore mette in scena il sogno assetato di opportunità e lo contrappone a cori di angeliche voci su pentagrammi d’amarezza. 

 Ci sono sempre persone che rievocano il passato con acidità e avocano a loro meriti, gli stessi che ci ricordano chi siamo e da dove veniamo, ma la lezione di Coco Chanel è nel volere, fortissimamente volere andare oltre, rielaborando ogni cattivo ricordo in una opportunità costruttiva: la forza repulsiva in quella di attrazione! 

 I rapporti catartici con suor Claire, ben rappresentati, sono l’espressione graffiante della rielaborazione della sofferenza di una donna guardinga come una leonessa che non dimentica il dolore, ma lo sublima e fa dell’esperienza radice gingilli di ricordi evanescenti di povertà e solitudine, superati e usati per disegnare una borsetta, invidia dei “docili squali”. Perciò il passato che segna profondamente, tornando irritante con le vocali di un’amabile istitutrice-cameriera-serva si traduce con passionalità nell’ago pungente che desta a visioni aperte, e forbice che sa dare un taglio a ciò che è vecchio, consunto, svuotato, dal quale si decolla costruttivamente. 


Comments