da TODO MODO di Leonardo Sciascia


" «A somiglianza di una celebre definizione che fa dell’universo kantiano una catena di causalità sospesa a un atto di libertà, si potrebbe» dice il maggior critico italiano dei nostri anni «  riassumere l’universo pirandelliano  come un diuturno servaggio  in un mondo senza musica, sospeso ad una infinita possibilità musicale: all’intatta e appagata musica dell’uomo solo».
Credevo di aver ripercorso, a rebours, tutta una catena di casualità; e di essere riapprodato, uomo solo, all'infinita possibilità musicale di certi momenti dell'infanzia, dell'adolescenza: quando nell'estate, in campagna, lungamente mi appartavo in un luogo, che mi fingevo remoto e inaccessibile, di alberi e d'acqua; e tutta la vita, il breve passato e il lunghissimo avvenire, musicalmente si fondevano, e infinitamente, alla libertà del presente. E per tante ragioni, non ultima quella di esser nato e per anni vissuto in luoghi pirandelliani, tra personaggi pirandelliani, con traumi pirandelliani (al punto che tra le pagine dello scrittore e la vita che avevo vissuta fin oltre la giovinezza non c’era più scarto, e nella memoria e nei sentimenti); per tante ragioni, dunque, rivolgevo nella mente, sempre più precisa (tanto che la trascrivo ora senza controllare), la frase del critico: appunto come frase o tema dell’infinita possibilità musicale di cui disponevo. O, almeno, di cui mi illudevo di disporre.
 Per dirla più semplicemente: non avevo impegni di lavoro o sentimento; avevo quel tanto, poco o molto (ma fingevo fosse poco), che mi consentiva di soddisfare ogni bisogno o capriccio; non avevo né un programma né una meta (se non quelle, fortuite, delle ore dei pasti e del sonno); ed ero solo. Nessuna inquietudine, nessuna apprensione. Tranne quelle, oscure e irreprimibili, che ho sempre avute, del vivere e per il vivere; e vi si innestavano e diramavano l’inquietudine e l’apprensione per l’atto di libertà che dovevo pur fare: ma leggere e leggermente stordite, come mi trovassi dentro un giuoco di specchi, non ossessivo ma luminoso e quieto come l’ora e i luoghi che percorrevo, pronto a ripetere, a moltiplicare, quando sarebbe scattato, quando avrei voluto farlo scattare, il mio atto di libertà ".

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