Nostra signora dei turchi (Omaggio a Carmelo Bene)




"Amami! È tanto, sai, è tanto se abbiamo salvato gli occhi! Flora, vestiti e vattene! Non c’era nessuna Flora. Oppure s’è vestita e se n’è andata. Tornando verso lo specchio: adorami! Sulla tavola ardevano bottiglie, candele e coppe di gerani. Lasciò cadere le vesti che aveva raccolto in grembo ed erano rose. Si versò del pernod, preparato a settanta. Prese un cilindro, uno dei tanti suoi da teatro, e ne trasse dal fondo una corona di spine, se ne cinse il capo e tornò allo specchio. Distoltosi, avviò il grammofono: Amado mio! Ma a tutto volume. Tornò ancora una volta allo specchio, ma per poco. Indietreggiò fino al tavolo, senza perdere di vista la sua immagine, e cercò con la mano alla cieca la bottiglia di Antiquary, dietro le spalle. Urtò in un bicchiere che aveva frantumato prima e si ferì . Immobilizzato, sentì il sangue bagnarli e dita.
[…]

“Flora! Flora!” disse una voce tra le arcate. Guardò in alto. E c’era lei tra i gigli rossi, dentro una veste che scuoteva un tappeto. Attonito la seguì rientrare. Affacciata era segno che s'era già levata. Vergognandosi e no di trattenerla ancora a letto, ci mancò poco che silenziosamente, quanto bastava a che non fosse udito, ci mancò poco che la chiamasse:
“Signorina!”

“Si sono svegliati, Flora… Vestiti e vattene!” disse piano scoprendo il lenzuolo deserto. Non c’era nessuna Flora. Oppure s’è vestita e se n’è andata.
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Comments

Gianna said…
Che bel blog! Passerò con calma!