IL FANTASMA AFFAMATO DELLA DIPENDENZA
Se guardate in un monastero tibetano, vedrete spesso un enorme dipinto di una creatura spaventosa con la bocca spalancata.
Questo è il “Fantasma affamato”. È pensato per essere un'immagine che ci ricordi di aver paura di volere troppo, perché altrimenti, essere “pieni” e non soddisfatti, potrebbe diventare una dannazione.
Questa figura mitologica, simbolo dell'attaccamento e dell'insaziabile desiderio, grazie a vari autori, studiosi e giornalisti, trova oggi una nuova attualità nella psicologia, rappresentando il vuoto interiore che affligge un numero crescente di individui. Infatti, l’espressione Hungry Ghost è spesso usata dagli anglosassoni in molti contesti, e proprio in riferimento al vuoto interiore.
Non si tratta, quindi, solo di una semplice metafora. Hungry Ghost descrive una condizione psicologica reale che riguarda soprattutto gli adolescenti, caratterizzata da un abbassamento o assenza di desiderio e passione, così come di emozioni, e un senso di inappagamento costante che spinge a cercare illusorie gratificazioni in dipendenze di vario tipo: dal cibo al sesso, dal lavoro allo shopping o alle relazioni tossiche, fino alle droghe. Un pozzo senza fondo che, anziché colmarsi, si allarga sempre più.
Ma da dove nasce questo vuoto? Spesso le radici affondano in esperienze traumatiche irrisolte. Può manifestarsi e confondersi in forme di depressione, in altri casi in situazioni di disadattamento. Frequentemente meccanismi di difesa dissociativi, attivati per proteggerci dal dolore emotivo, finiscono per allontanarci dalla nostra autenticità, creando una profonda disconnessione.
La buona notizia è che un Hungry Ghost può essere affrontato. Non si tratta di "riempire il vuoto" con surrogati di felicità, ma di intraprendere un viaggio di comprensione e guarigione, in cui il primo passo è riconoscere il trauma, dargli un nome ed elaborarlo con l'aiuto di professionisti. Parallelamente, è fondamentale coltivare una connessione autentica con sé stessi e con il mondo. Imparare ad ascoltare i propri bisogni, così come a dare valore alle piccole cose, e infine a costruire relazioni significative.
Al riguardo afferma Valerio Rosso che il contrario di “dipendenza” è “connessione”. Un aspetto che in un’ epoca di corse ad accumulare varrebbe la pena approfondire.
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