A che servono gli uomini? [di Lorena Liberatore]
Studio teatro, da quattro anni (quasi cinque), eppure non ho ancora scritto nessun post a riguardo. Per questo oggi voglio parlare di una commedia molto moderna: A che servono gli uomini? No, non è una domanda retorica col pretesto di creare un post femminista di ribellione contro il genere maschile. :-)
“A che servono gli uomini?” è una briosa commedia musicale della ditta Garinei&Giovannini, diretta da Pietro Garinei, creata col pretesto di parlare del delicato argomento della fecondazione artificiale. Fu rappresentata la prima volta nel 1988, è una commedia musicale che appare ancora molto “giovane” per via dell’argomento che ancora oggi fa discutere, fu scritta da Iaia Fiastri, collaboratrice del Sistina, e interpretata da Ombretta Colli, allora moglie di Giorgio Gaber che ideò la colonna sonora.
La protagonista Teo(dolinda) è una disegnatrice che, non si sa bene il perché, è stufa del genere maschile, si definisce soddisfatta della sua vita ma rimpiange di non aver mai avuto un figlio; un giorno scopre che il suo vicino di casa (un imbranato con le donne che vive in appartamento con un cane “antifroidiano” di nome Jung) lavora in un istituto di inseminazione artificiale, così col pretesto di una visita all’istituto Teo ruba la provetta numero 119 convinta di poter continuare la sua vita senza preoccupazioni. Ma una volta certa d’essere incinta vuole sapere il nome del donatore, con un trucco riesce scoprirlo e conosce il padre di suo figlio, ovvero un "dolcevitaiolo", playboy di periferia, Osvaldo Menicucci, proprietario di un autosalone.
Nel cast c’erano anche Patrizia Pellegrino, nei panni di Samantha, una sexy modella per fumetti, e Marisa Merlini, madre di Osvaldo.
Questa commedia “velatamente” femminista lascia a soli due personaggi il compito di rappresentare la categoria maschile, che come si può immaginare ne esce infinitamente caricaturizzata: uno scienziato imbranato e poco astuto (il vicino di casa, il dott. Padovan laureato in psicologia, diplomato al conservatorio ed esperto in “psicomusica”), e un palestrato narciso (Osvaldo Menicucci), insomma due personaggi palesemente tipizzati. Geniale è una delle battute conclusive dove Teo, non essendo più certa su chi volere come padre di suo figlio, risolve il problema dicendo “Aspettiamo, che fretta c’è? La decisione non spetta a noi! Sceglierà il bambino.. da grande!”.
Straordinaria fu la scenografia prospetticamente inquadrata da pannelli trasparenti uniti a formare cubature ritmiche scandite in cornici azzurre, perfetti per rendere gli esterni notturni della città dove luci colorate retrostanti li facevano sembrare vetrate e finestre di edifici. Per il divertentissimo brano di presentazione di Osvaldo Menicucci, come anche per il brano solista di Teo o per il canto “..è colpa mia!” dei due rivali in amore fu aggiunta una band sul palco, posta alle spalle degli attori.
Oggi questa commedia è collocata tra le produzioni teatrali più belle di Garinei&Giovannini ed è facile capirne il perché.
Il teatro è un mezzo artistico di comunicazione universale, è il filtro rappresentativo delle nostre epoche e il padre della nostra odierna cinematografia ed è un peccato che, per la maggior parte dei casi, solo gli appassionati o "gli addetti ai lavori" se ne interessino.
“A che servono gli uomini?” è una briosa commedia musicale della ditta Garinei&Giovannini, diretta da Pietro Garinei, creata col pretesto di parlare del delicato argomento della fecondazione artificiale. Fu rappresentata la prima volta nel 1988, è una commedia musicale che appare ancora molto “giovane” per via dell’argomento che ancora oggi fa discutere, fu scritta da Iaia Fiastri, collaboratrice del Sistina, e interpretata da Ombretta Colli, allora moglie di Giorgio Gaber che ideò la colonna sonora.
La protagonista Teo(dolinda) è una disegnatrice che, non si sa bene il perché, è stufa del genere maschile, si definisce soddisfatta della sua vita ma rimpiange di non aver mai avuto un figlio; un giorno scopre che il suo vicino di casa (un imbranato con le donne che vive in appartamento con un cane “antifroidiano” di nome Jung) lavora in un istituto di inseminazione artificiale, così col pretesto di una visita all’istituto Teo ruba la provetta numero 119 convinta di poter continuare la sua vita senza preoccupazioni. Ma una volta certa d’essere incinta vuole sapere il nome del donatore, con un trucco riesce scoprirlo e conosce il padre di suo figlio, ovvero un "dolcevitaiolo", playboy di periferia, Osvaldo Menicucci, proprietario di un autosalone.
Nel cast c’erano anche Patrizia Pellegrino, nei panni di Samantha, una sexy modella per fumetti, e Marisa Merlini, madre di Osvaldo.
Questa commedia “velatamente” femminista lascia a soli due personaggi il compito di rappresentare la categoria maschile, che come si può immaginare ne esce infinitamente caricaturizzata: uno scienziato imbranato e poco astuto (il vicino di casa, il dott. Padovan laureato in psicologia, diplomato al conservatorio ed esperto in “psicomusica”), e un palestrato narciso (Osvaldo Menicucci), insomma due personaggi palesemente tipizzati. Geniale è una delle battute conclusive dove Teo, non essendo più certa su chi volere come padre di suo figlio, risolve il problema dicendo “Aspettiamo, che fretta c’è? La decisione non spetta a noi! Sceglierà il bambino.. da grande!”.
Straordinaria fu la scenografia prospetticamente inquadrata da pannelli trasparenti uniti a formare cubature ritmiche scandite in cornici azzurre, perfetti per rendere gli esterni notturni della città dove luci colorate retrostanti li facevano sembrare vetrate e finestre di edifici. Per il divertentissimo brano di presentazione di Osvaldo Menicucci, come anche per il brano solista di Teo o per il canto “..è colpa mia!” dei due rivali in amore fu aggiunta una band sul palco, posta alle spalle degli attori.
Oggi questa commedia è collocata tra le produzioni teatrali più belle di Garinei&Giovannini ed è facile capirne il perché.
Il teatro è un mezzo artistico di comunicazione universale, è il filtro rappresentativo delle nostre epoche e il padre della nostra odierna cinematografia ed è un peccato che, per la maggior parte dei casi, solo gli appassionati o "gli addetti ai lavori" se ne interessino.
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