Annarita Romito, tra impegno sociale e… il New Jazz Sound Duo


di Lorena Liberatore


 Annarita Romito è un’artista a tutto tondo impegnata nel sociale. Un esempio di forza e tenacia per chi si arrende davanti alle più piccole e quotidiane difficoltà. La sua carriera di cantante jazz, per la quale ha ricevuto svariati riconoscimenti da parte di stampa e pubblico, ha inizio in giovane età: dal ’98 ad oggi si esibisce in club e associazioni concertistiche di Bari e provincia; con la FaLvision Editore ha pubblicato nel 2013 il libro con cd musicale dal titolo Tina e Frida: Creaciòn y Vida; e dal 2011 è presidentessa dell’associazione culturale DiversArte di Bari che si occupa di arte, cultura e diverse abilità. 

L’interesse per le diverse abilità è determinato dal fatto che anche Annarita appartiene all’universo “diversamente abile”, ma al cospetto di tutte le sue attività artistiche e sociali, i suoi interessi e anche i suoi progetti futuri, la sua sedia a rotelle diventa una cosa totalmente secondaria: un comune elemento, magari fonte in ugual modo di utilità ed eleganza (… un po’ come un vestito, o come la famosa borsetta a tracolla di Coco Chanel!) e ne rimane in primo piano solo la donna. 

 Di seguito proponiamo un’intervista. 

 Ciao Annarita! Cominciamo con DiversArte: parlaci un po’ di questa associazione. 
 L’associazione DiversArte nasce nel 2011 con l’intento di dare vari punti di riferimento in un solo luogo, un luogo dove gli artisti si possano incontrare e possano condividere momenti di espressione artistica, normodotati e non! Andiamo a mettere in luce in particolar modo l’artista “diversamente abile”, con l’obiettivo di lanciare il messaggio che tra questi e gli “altri” non c’è differenza perché ciò che conta è la persona con le sue capacità. Come dico sempre “il disabile non è la patologia”, e non bisogna mai stancarsi di dire alla gente di andare “oltre” il problema, di non fermarsi semplicemente a una condizione esteriore. 

 La cosa interessante di DiversArte è che da un lato si pone come “culturale” (e come ogni associazione culturale organizza eventi), dall’altro è anche un’associazione dedicata ai disabili. E tu fondi perfettamente le due cose nella musicoterapia, offerta soprattutto ai ragazzi con disabilità psichiche. Cosa mi puoi dire dei tuoi ragazzi? 
 In DiversArte ci sono varie tipologie di disabilità, compresa anche quella psichica, per esempio l’autismo. C’è un ragazzo cerebroleso che non si stacca mai dal suo tamburello e comunica attraverso i suoni emessi dal tamburello. Questo cosa significa? Che la musica, come l’arte in generale, è comunicazione. Ognuno di noi ha un modo di comunicare e dobbiamo entrare nell’altro con l’empatia, attraverso la propria chiave di comunicazione. E poi c’è Carlotta Cionini: una cantante bravissima che per noi è la mascotte. L’abbiamo vista crescere, ha una voce splendida che ha incantato il pubblico in varie edizioni del Festival Diversarte. Quando lei canta non si nota più il “problema”… La musica riesce ad abbattere ogni barriera, è il grande potere che l’arte in generale ci dona. 

 Mi hai raccontato che alcuni genitori di questi ragazzi si sono battuti per permettere loro di studiare al Conservatorio. Li hai seguiti in questa battaglia? 
 Sì. È ancora una battaglia dura perché qui in Puglia sono ancora molto chiusi mentalmente, c’è un allontanamento dalle “diverse abilità”. Come se spaventasse l’accoglienza di persone disabili! Conosco, per esempio (e fa parte della mia associazione) un ragazzo autistico, Carlo De Liso, che al Conservatorio di Bari non è stato ammesso, ma fortunatamente è stato ammesso al Conservatorio di Matera. Un bravissimo pianista che oggi ha un suo gruppo che si chiama Carlo & Friends! Ed è un gruppo di maestri! Ciò significa che l’inclusione è possibile laddove si creano le condizioni, e qui in Puglia è ancora una dura battaglia… Eppure si tratterebbe di applicare qualcosa che la stessa legge 104 prevede. 

 Il tuo interesse per la musica è legato al tuo lavoro, infatti sei una cantante jazz. Cosa mi puoi dire del tuo ultimo album? 
 Il mio ultimo cd si chiama New Jazz Sound Duo e prende il nome dal mio ultimo duo. Si tratta di un album singolo contenente tre cover di brani molto noti nella storia della musica, come “Georgia On My Mind” e “Baby Can I Old You”. Il terzo è “Strange Fruit”, un brano molto commovente del repertorio jazz. Sono quindi tre canzoni-simbolo che voglio raccontare attraverso voce e chitarra. Alla chitarra abbiamo il grande Vincenzo Buono che io definisco il mio “fratellone” e per me è un punto di riferimento, non solo musicale ma anche affettivo. Il New Jazz Sound Duo è un progetto che nasce un paio di anni fa, una collaborazione attiva soprattutto nelle performance dal vivo e che vuole spaziare in un ampio range musicale, andiamo dal gospel-spiritual con delle mie composizioni, al blues, al jazz, al cantautorato italiano (riproponiamo alcuni celebri brani di Concato, Pino Daniele, Fiorella Mannoia, ecc.)… Insomma avremmo molto da raccontare su questo duo e dei suoi live. 

 Com’è nata la tua passione per il jazz? 
 La mia passione per il jazz nasce quando avevo diciott’anni, arrivai in questa celebre scuola di Bari che è il Pentagramma dove sono cresciuta e ho trascorso un periodo importante della mia vita. Lì [e presso il Conservatorio di Bari] ho studiato canto jazz, armonia, composizione, orchestra ed altro. Rimasi da subito affascinata dal jazz, mi sono sentita molto somigliante… forse perché la melanconia del jazz appartiene anche alla mia anima. Spesso anch’io sono malinconica, e in questo il jazz tocca le mie corde più profonde. Stessa cosa per il suo fratello, il blues, la cui parola deriva dall’espressione “to have the blue devils” e che significa [in senso più ampio] “sentire tristezza”, quella tristezza profonda… [Tornando alla carriera musicale] col tempo sono diventata autrice della parte “letteraria” e compositrice. 

 Sei autrice, di canzoni ma anche di un libro dedicato a Tina Modotti e Frida Kahlo. Hai in programma di scrivere altri libri in futuro? 
 Sì, c’è in cantiere un progetto molto articolato che vorrei realizzare, ma con calma perché è un progetto abbastanza ambizioso. Sarà anche questo musicale… quando riuscirò a realizzarlo per me sarà un sogno, un bel traguardo. Spero di rimettermi presto al lavoro. Per ora mi concentro su questo cd appena uscito, a cura della Friends4Arts S.r.l. di Milano. 

 Ma… sbaglio o nel tuo percorso artistico c’è anche il teatro? Hai scritto la sceneggiatura e curato la regia di uno spettacolo. Ne vogliamo parlare? 
 Sì, il titolo era “Diversità. Dov’è il problema?”, e la tematica della diversità non si affrontava solo dal punto di vista “fisico”: la diversità raccontata a 360° in tutte le sue forme, e lo si faceva attraverso momenti teatrali e momenti musicali. All’epoca dirigevo una compagnia di nove persone, musicisti, attore e due ballerine… tutti eccezionali: i Sensorial Xsperimental… Portammo la “prima” all’ex sede dell’Abeliano. Spero di tornare presto ad occuparmi di teatro, anche perché mi è rimasto l’“odore” del teatro. Chi ci lavora sa cosa intendo dire… 

 Per me, e non solo, sei un esempio perché nonostante le difficoltà, dovute alla tua disabilità, comunque prosegui “a testa alta” e con tanta voglia di fare. Ti sei costruita un futuro, una professione, un’associazione culturale, hai una vita ricca di interessi e progetti, ma sai bene quanto la società ostacola i disabili nella loro realizzazione. Cosa potresti dire a quei disabili che vivono queste ingiustizie? Cosa consiglieresti loro perché non si arrendano? 
 Questo è un tema che affronto anche con gli amici, lo affronto quotidianamente. Penso che la soluzione sta nell’amarsi, perché prima di tutto dobbiamo amare noi stessi, e poi proiettarci nell’altro e soprattutto in quei contesti sociali che potrebbero darci gli strumenti necessari per vivere una vita “normale”. E uso la parola “normale” con le “virgolette” perché ognuno di noi ha un proprio modo di vivere la vita e non è detto che la mia sia “anormale” rispetto a un’altra persona (nella mia condizione per me tutto è normale)… Nella vita tutto è relativo, tutto dipende dal punto di vista dal quale tu guardi te stesso e gli altri. 

 Amarsi quindi… 
 Una volta che una persona prende consapevolezza del suo posto nel mondo può dirsi “Bene, io sono qui, devo darmi un’opportunità”. Tutto deve partire da sé, il primo passo deve essere compiuto da noi. 

 Avere la forza di andare avanti nonostante tutto? 
 Sì, crederci! Credere in se stessi e non abbandonare i propri sogni perché l’uomo senza sogni non ha ragione d’esistere. Come diceva un famoso scrittore “siamo fatti della stessa sostanza dei sogni”. 

 E per quelle persone disabili che purtroppo non possono difendersi da sole e decidere per se stesse? Cosa potresti dire alle loro famiglie o ai cari che, giornalmente, se ne prendono cura? … Mi rendo conto che la mia è una domanda difficile, stiamo parlando di situazioni molto complesse… 
 Sono situazioni molto delicate, lungi da me dare consigli o, peggio, “soluzioni”. Posso solo dire, o suggerire (come già faccio con molti miei amici), di cogliere le piccole e grandi sfumature della vita… di vivere la vita di giorno in giorno, di momento in momento. Solo questo, non posso dire altro perché di fronte a determinate drammaticità… ci si rende conto che bisogna viverle in prima persona per potersi sentire in diritto di dire di più. 

 Condivido pienamente! Grazie per questa bella intervista. 
 Grazie a te Lorena cara!


 Pubblicato su http://lobiettivonline.it/

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