Molly Sweeney, un percorso al buio 2° puntata


La storia narrata getta un enorme relativismo nella dicotomia salute\malattia, felicità\dolore, amore\crudeltà, vita\morte, vista\ciecità, coraggio\viltà, minando la visione socialmente standardizzata del sano, del vedere, della felicità; infatti finché c’è il buio si muovono come in immagini frastagliate persone che vivono serenamente, dacché arriva la luce dopo il suono della pioggia, che segna il giorno dell’intervento, le cose cambiano; come nel Tristan und Isolde di Wagner o nel Ero e Leandro di Boito l’oscurità ovvero il buio è la sede della verità e della felicità, il luogo dove vedere, vedersi e percepire l’amore degli altri, mentre il sopraggiungere del giorno e della luce coincidono con il ritorno delle regole sociali, della visione standardizzata, dalla percezione omologata, dove l’altro da sé è perduto e i sogni infranti. Frank in sé ha qualcosa di Armand de La Signora delle Camelie, di Alexandre Dumas, vorrebbe curare la donna amata, ma in questo caso la cura non è alla corruzione dei costumi, ma a una percezione considerata incompleta, il suo errore è amare la sua possibile cura forse più della propria donna.
La scenografia (ideata ed eseguita prima in bozzetto da Andrea de Rosa) è molto semplice, tutta in bianco, simile al marmo, dà un se
nso di freddezza e di frigida irrealtà contro cui si staglia Molly vestita di rosso; ma il bianco è anche il colore dell’ospedale, quello in cui fu ricoverata la madre, quello in cui lei stessa verrà operata e quello in cui verrà chiusa. Gli elementi scenici sono essenziali: al centro un tavolo con sedie che all’occorrenza si trasformerà in un letto da manicomio, una poltrona a destra, e a sinistra una specchiera molto semplice e stilizzata, il tutto rigorosamente bianco come la parete di fondo, un enorme lenzuolo, infine, sul tavolo disposti in un vaso dei fiordalisi rossi che al centro della scena sembrano quasi di un’intensità abbagliante. Il rumore del temporale segna il sopraggiungere della descritta scenografia e sancisce la ripresa della percezione visiva (parte così il racconto di Molly sul momento in cui le vengono sciolte le bende e prende a vedere le prime ombre, i primi elementi colorati indistinti), ma tutto ciò non viene svelato subito allo spettatore, bensì in maniera graduale cosicché gli oggetti ancora immersi dell’oscurità sembrano banchi di nebbia grigia e nera, ovattata come fosse avvolta da un lenzuolo trasparente, e infatti quest’impressione non tradisce perché tra gli attori è il pubblico c’è un pannello trasparente, una sorta di tangibile quarta parete a ricordare la cataratta della protagonista e la distanza tra lei e il mondo, un tessuto semirigido simile a una zanzariera che rende tutto ciò che è al di là di sé irreale e lontano esattamente come Molly vede le cose, infatti, il suo intervento non riesce completamente e le è permesso di guardare solo in parte quel mondo che la circonda.

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